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Coppa America, vince ancora il Brasile, Argentina umiliata

Ultimo Aggiornamento: 16/07/2007 10:25
16/07/2007 10:25
 
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Nella finale della 42ª coppa America, la nazionale di Dunga travolge 3-0 la favorita Seleccion di Basile. Seleçao subito in vantaggio con Baptista, poi palo di Riquelme. Al 40' del primo tempo autorete di Ayala, nella ripresa chiude i conti Daniel Alves



MARACAIBO (Venezuela), 15 luglio 2007 - Imprevedibile, umiliante, imbarazzante, inatteso: scegliete voi l’aggettivo più adatto per definire il trionfo del Brasile nella finale della 42ª coppa America. Un 3-0 all’Argentina che ribalta ogni pronostico della vigilia e conferma i verdeoro nel ruolo di padroni del Sudamerica, dopo la vittoria ai rigori nel 2004, sempre contro la nazionale albiceleste. Il Brasile mette le mani sul trofeo per l’ottava volta e allunga il digiuno dell’Argentina, che non vince dal ’93. Sembra una maledizione per la Seleccion di Basile, una squadra che non fa mai l’ultimo passo verso la gloria, un’orchestra che smette di suonare sul più bello. Un gruppo che proprio non sa scrollarsi di dosso l’etichetta di perdenti, o "perdedores".
AYALA - A volte il calcio è crudele, o almeno ingeneroso. Quando a sbagliare è il capitano, l’errore pesa sempre un po’ di più. E se il capitano sbaglia due volte, sono guai. E’ toccato a Roberto Fabian Ayala, monumento della nazionale argentina, recordman di presenze con 115 gettoni nella Seleccion, prendersi le colpe dei 2 gol con cui il Brasile è andato in vantaggio al riposo. Sbeffeggiato da Baptista al 5’, quando "la Bestia" lo ha puntato prima di scaricare un destro potente sotto l’incrocio, l’ex difensore di Napoli e Milan si è ripetuto in negativo al 40’, il minuto in cui ha mandato il pallone alle spalle del portiere Abbondanzieri. Senza il suo tocco maldestro e disperato, va detto, la Seleçao avrebbe raddoppiato lo stesso, perché Zanetti era in ritardo nella copertura su Vagner Love, a cui era indirizzato il cross di Daniel Alves. Ma l’onta dell’autogol pesa sulle spalle del povero "Raton" Ayala. Quando il destino ci si mette, poi, sa essere davvero beffardo: Alves su quella fascia non ci sarebbe nemmeno dovuto essere, era appena entrato al posto dell’infortunato Elano. Ma tant’è.
LA RIVINCITA DI DUNGA - Il Brasile ha sfruttato al meglio le poche palle gol costruite, ma al c.t. Dunga, tante volte criticato, va riconosciuto il merito di aver preparato magistralmente la gara dal punto di vista tattico. Questa Seleçao è tecnicamente povera, neppure paragonabile all’avversario che aveva di fronte. Eppure, Mineiro e Josué hanno imbrigliato l’estro di Veron e Riquelme: alzi la mano chi avrebbe mai pensato che il centrocampista dell’Hertha e quello del San Paolo sarebbero stati capaci di tanto. Con Mascherano e Cambiasso piuttosto confusionari, sono stati tagliati i rifornimenti per le punte Messi e Tevez. Il resto l’hanno fatto le incertezze di una difesa spesso fuori posizione (male anche Heinze e Gabriel Milito) e un po’ di sfortuna, quella che ha pilotato sul palo il bolide di Riquelme che sarebbe valso l’immediato 1-1. Già, il buon Juan Roman non ce l’ha fatta neanche stavolta a far volare la Seleccion. Un peccato, perché mai come questa volta avrebbe meritato un piccolo aiuto dalla sorte. Invece è stata la serata di un incontenibile Baptista, che ha seminato il panico anche nel giorno in cui Robinho è risultato piuttosto anonimo. Ed è stata la serata di Maicon, Alex, Juan e Gilberto, che hanno fermato un attacco capace di segnare 16 reti nei 5 precedenti match in Venezuela.
ALVES - Nella ripresa, ci si sarebbe aspettati un’Argentina pronta all’assalto, ma aumentare i ritmi di gioco non è proprio la caratteristica migliore della Seleccion, poco abituata a dover rimontare. E così, dopo 24’ in cui l’ottimo Doni non corre alcun pericolo, è arrivata la mazzata che ha chiuso la gara. Merito di Vagner Love, che con le treccine blu al vento ha indovinato il corridoio per il taglio di Daniel Alves: diagonale impeccabile dell’esterno del Siviglia e 3-0 che ha mandato gli argentini nel dramma. Il resto è stato solo una lunga attesa del fischio finale. Un’attesa dolce per il Brasile e tremenda per un’Argentina che si conferma una grande incompiuta.

Complimenti al Brasile, vittoria più che meritata.

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