Mentre con "sesso" si intende generalmente una "presunta" natura dei corpi , morfologicamente, biologicamente, fisiologicamente segnati all'origine da una specificita' che renderebbe il corpo "maschile" irriducibile a quello "femminile" e viceversa, con il termine "genere" si intende invece quanto di "culturale" e sovradeterminato va, prima e dopo la nascita di un individuo, "incollandosi" al suo essere di un sesso piuttosto che dell'altro. E' da notare che mentre il sesso determina solo gli esseri viventi, il genere (maschile o femminile) e' in italiano, ma anche nelle altre lingue, una caratteristica di tutti gli oggetti o termini astratti (e.g. LA filosofia, IL pensiero). Per parafrasare la formula proposta da Simone de Beauvoir quasi cinquant'anni fa nel suo libro "Il secondo sesso", donne (e uomini), si nasce oppure si diventa ? Basta il sesso in cui si viene al mondo, l'essere maschi o femmine (sempre ammettendo che lo si possa stabilire con certezza e una volta per tutte), a determinare il destino di un individuo oppure essa e' l'esito di una programmazione sociale, di vere e proprie tecnologie di genere ? E cosa si intende per destino ? La vicenda sesssuata di un individuo oppure la sua intera avventura umana, sociale e intellettuale, il suo posizionamento nel mondo del lavoro, delle relazioni, del pensiero, dell'esperienza ?
E' stato merito sia di piccoli gruppi di medici, psichiatri, psicoanalisti variamente impegnati nel campo della ricerca ell'identita' e le disforie di genere, sia della riflessione femminista se, a partire dai tardi anni '60 si e' preso a distinguere tra sesso e genere, natura e cultura, determinismo biologico e determinismo sociale.
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Perche' non si tiene conto della banale evidenza che lo schema binario
maschile/femminile e' inadeguato a rappresentare l'infinita varieta' tipologica che si situa tra questi due estremi ? (una mia amica, Elena, dice sempre: " tra il bianco e il nero esistono infiniti toni di grigio"). Perche', si chiedono i ricercatori della J. Hopkins School of Medicine di Baltimora, puo' succedere che un individuo sano e normale si senta in esilio nel proprio sesso biologico e a casa in quello opposto ?
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La disforia di genere e' la mancata corrispondenza tra sesso anatomico e vissuto o identita' di genere. Il maschio o la femmina biologici possono sentirsi parte dell'altro sesso, aspirarne a farne parte o, semplicemente, fantasticarne.
Le forme che, nella vita degli individui, tali vissuti e fantasie possono assumere variano grandemente: il travestito, ad esempio, fondera' la propria attivita' di mascheramento sulla consapevolezza della propria identita' maschile. Utilizzando quei feticci o siginficanti della femminilita' che sono gli abiti, il trucco, le parrucche; egli mira a sembrare femminili, ben sapendo di non esserlo. Il suo travestimento e' la messa in scena di un desiderio, che si disattiverebbe nel momento in cui "cambierebbe" sesso. (Per una "donna" indossare abiti femminili sarebbe la "norma" e non piu' motivo di "piacere").
Diverso il percorso del transessuale: chi si sottopone all'intervento chirurgico e ai trattamenti ormonali per cambiare sesso e' certo di non appartenere al sesso e al genere assegnatigli alla nascita, di essere "imprigionato" in un corpo non suo. Il rimodellamento del corpo (un mascheramento radicale ?) parla non di un voler sembrare, ma di un voler essere.
L'identita' di genere, secondo lo psichiatra e psicoanalista americano Robert Stoller, inizia con la conoscenza e la consapevolezza, conscia e inconscia, che si appartiene all'uno e non all'altro sesso, anche se, via via che ci si sviluppa, l'identita' di genere diventa una faccenda molto piu' complicata. Ad esempio, l'individuo di sesso maschile, oltre che maschio puo' sentirsi estremamente virile, oppure effeminato o persino fantasticare di essere una donna.
Nel 1972 John Money, docente di pediatria e psicologia medica presso la J. Hopkins School of Medicine di Baltimora, uno dei centri che da piu' tempo si occupano delle cosiddette disforie di genere, spiega il concetto di "identita' di genere" nel modo seguente: "l'individuazione, unita' e persistenza dell'individualita' personale come maschile o femminile o, in maggiore o minore grado, ambivalente, in particolare per come la si sperimenta attraverso il senso di se' e il comportamento. L'identita' di genere e' l'esperienza "privata" del
ruolo di genere e il ruolo di genere e' l'espressione pubblica dell'identita' di genere".
Con la formula "ruolo di genere", cosi' scrive John Money, intendiamo tutto cio' che una persona dice o fa per mostrare di avere lo status di ragazzo o di uomo o, rispettivamente, di ragazza o di donna. Cio' include la sessualita' nel senso dell'erotismo, ma non si limita ad essa. Il ruolo di genere viene valutato in relazione ai seguenti elementi: manierismi, comportamento, atteggiamento, preferenze nei giochi e interessi ricreativi, argomenti scelti spontaneamente come temi di conversazione in colloqui non programmati e commenti casuali,
contenuto di sogni e sogni ad occhi aperti e fantasie, evidenza delle pratiche erotiche e, per finire, reazioni della persona in oggetto a una indagine diretta.
Money, distinguendo tra "ruolo di genere" e "identita' di genere",
puntualizzera' che con "ruolo di genere" va inteso tutto cio' che un individuo dice o fa per indicare agli altri o a se medesimo fino a che punto e' maschio, femmina o ambivalente. Cio' include lo stimolo sessuale e la relativa risposta, ma non si riduce ad essi. Il ruolo di genere e' l'espressione "pubblica" dell'identita' di genere e l'identita' di genere e' l'esperienza privata del ruolo di genere.
Quanto sopra e' tratto dal libro Sesso & Genere di Maria Nadotti, ed. Il Saggiatore - collana Due Punti. La Nadotti ha anche tradotto il libro "Sex and Gender" di Robert Stoller (che in italiano ha lo stesso titolo Sesso e Genere).
PS Provate a leggere questo:
Il travestitismo
Travestitismo e transesssualita'
Travestitismo e omosessualita'
Travestitismo e feticismo
Travestitismo e psichiatria
Frequenza del travestitismo
Il travestito tipo
Le cause del travestitismo
Tratti da un documento pubblicato nel 1979 su adattamento di Raymond Delorme e
aggiornato nel 1992 dagli specialisti della associazione francese ABC,
Association Beaumont Continental.
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Colui al quale i pregiudizi correnti non suonano paradossali, non ha ancora sufficientemente riflettuto.
(Friedrich Nietzsche)
Alla fine ricorderemo non le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici.
(Martin Luther King)
Conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante.
(Indro Montanelli)