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Dick, il Messia della fantascienza

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  • AresV
    00 26/02/2007 15:06
    Straordinaria e imprevedibile come gli intrecci dei suoi romanzi, la fortuna postuma di Philip K. Dick. Discusso e non sempre apprezzato in vita perché discontinuo e diseguale, facile ai bruschi scarti nelle sue scelte esistenziali e letterarie, incline al filosofare metafisico (un tratto decisamente negativo per la maggior parte degli americani), l’autore di La svastica sul sole è diventato in questi ultimi anni, dopo il successo di film come Blade Runner, una figura mitica della sensibilità e della cultura new age, se non addirittura un guru, un veggente o un profeta. Per sua e nostra fortuna, i suoi sempre crescenti ammiratori non l’hanno ancora eletto a messia di una nuova setta, alla maniera dello scientologo e dianetico Ron Hubbard, lui pure prolifico autore di SF, ma la prospettiva è troppo peregrina. L’autorevole biografia di Lawrence Sutin, proposta in Italia qualche anno fa, s’intitola Divine invasioni ed è accompagnata da una videocassetta contenente Il vangelo secondo Dick. E il più recente «viaggio nella mente di Ph. K. Dick» scritto da Emmanuel Carrère annuncia in copertina Io sono vivo, voi siete morti (Hobby & Work, pagg. 335, euro 17). Formule oracolari per svelare a lettori/iniziati gli eroici furori di uno spirito visionario posseduto da arcani invasamenti ierofanici, di cui si sondano le Trasmigrazioni (è questo il titolo del più recente volume italiano di studi dickiani, curato da V. M. De Angelis e U. Rossi, Le Monnier, pagg. 298, euro 21,50).

    In Italia, in occasione del venticinquennale della morte, Fanucci, suo appassionato editore, ha fatto le cose in grande ripubblicando in un colpo solo e in una nuova veste grafica i 24 volumi più fortunati della «Collezione Dick» e aggiungendovi, come «venticinquesimo» d’obbligo, Il Paradiso maoista (pagg. 352, euro 16), opera prima risalente al lontano 1952 e uscita postuma negli Stati Uniti soltanto nel ‘94 in pochissimi esemplari spariti da tempo dal mercato. Un titolo cattivante più di quello originale (Gather yourselves together, «Raccoglietevi») per un non eccelso romanzo main stream ambientato nella Cina postrivoluzionaria dei tardi anni Quaranta. Un oggetto cult più da reliquiario che da biblioteca, che persino Carlo Pagetti, bravissimo curatore dell’opera omnia, introduce con una punta d’imbarazzo.

    Di ben diverso spessore sono invece le altre novità della «collezione»: il primo volume di Tutti i racconti (pagg. 604, euro 19) e soprattutto la misterica trilogia di Valis (in tre volumi, euro 45), che presenta «in progress», quasi allo stato fluido, l’inquietante e convulsa cosmologia (o forse cosmogonia) di Dick, quella inseguita dallo scrittore, nei suoi ultimi anni, nelle pagine ermetiche di una monumentale Exegesis, insondabile e orfica come le Centurie di Nostradamus. Un mondo che si accende e si colora di una tormentosa sacralità gnostica, dove caso e necessità si sovrappongono, la divinazione può determinare l’esistente e si smarrisce ogni distinzione tra oggetto e soggetto, virtuale e reale, indicativo e condizionale, presente, passato e futuro, spaziotempo psichico e spaziotempo fisico: non tanto un presente narrato al futuro o viceversa quanto, come in Burroughs o in Vonnegut, una realtà simultaneamente dentro e fuori dal tempo, un labirinto di universi paralleli, un cosmo/caos eternamente instabile, dove ogni «io» è sempre e comunque «altro».

    È questo, nel bene e nel male, il marchio della scrittura di Dick, che non a caso tende fin dagli esordi a cogliere una sorta di rapporto simbiotico tra Bibbia e SF, dando sovente corpo (non, però, con il taglio ortodosso delle Cronache marziane di Bradbury) a un’allucinante cristologia galattica che non esclude cyborg e androidi, robot e simulacri e nemmeno, per quanto paradossale, «omini verdi». Se per Anthony Boucher, uno dei suoi primi maestri, le Sacre Scritture erano fantascienza virtuale che bastava esplicitare e modernizzare, magari intitolando il Vecchio Testamento Il Signore del Caos e il Nuovo La Cosa dalle tre anime, per Dick la fantascienza tende a farsi alla lettera Revelation, cioè biblica Apocalissi.

    Il fatto è che tutto, secondo questo anomalo scrittore americano, può essere scritto, percepito e vissuto - come suggerisce il titolo di un suo noto lavoro - In senso inverso. Una prospettiva frustrante ma non assurda per un californiano new age come lui, fin troppo disponibile verso l’lsd, gli allucinogeni e le droghe psichedeliche, ansioso di varcare quelle che Aldous Huxley chiama «le soglie della percezione», «visitato» da enigmatiche «presenze» e agenti misteriosi (controllato dall’Fbi lo fu davvero, da giovane, negli anni in cui Berkeley, San Francisco e la Bay Area costituivano per gli americani benpensanti un covo di rivoluzionari criptocomunisti), morbosamente attratto e atterrito da fascinose donne nerochiomate, un po’ shakespeariane dark ladies e un po’ meduse cyborg.

    Come poteva d’altronde non vivere la sua stessa esistenza in chiave di romanzo visionario, se appena nato si era ritrovato il nome inciso su una lapide di cimitero, con la data di morte in bianco, accanto a quello della sorellina gemella spentasi dopo poche settimane di vita; e se ancora sul finire dei suoi giorni dichiarava, in privato e in pubblico, di essere in dialettica simbiosi con un suo doppio, di vivere e ricordare un’altra vita presente, alternativa e parallela? Come il protagonista di A Scanner Darkly (del quale l’editore romano ripropone anche il graphic novel del film di Linklater, pagg. 96, euro 15), Dick ha sempre tentato di farsi investigatore di se stesso, di studiarsi, in un oscuro scrutare, simultaneamente dall’interno e dall’esterno. Ma come può misurarsi con il fuori uno che non sa nemmeno quali, tra i molti suoi occhi che stanno guardando, siano davvero suoi?
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    00 26/02/2007 16:30
    Di A scanner Darkly hanno pure fatto il film ma è passato in qualche sala con la velocità di un razzo!
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